I cavalieri dalle lunghe ombre (Walter Hill) - ★★★

Pubblicato il da Emanuele Rauco

I cavalieri dalle lunghe ombre (Walter Hill) - ★★★

Comincia con sette cavalieri che solcano una prateria, accompagnati dalla bellissima chitarra di Ry Cooder. Ma quei sette sono tutt'altro che magnifici: semmai I cavalieri dalle lunghe ombre di Hill sono anti-eroi dal fascino romantico, a tratti elegiaco, ma di sicuro segnati da tragedia e violenza. Sono i membri della gang di Jesse James (30 anni e più prima di L'assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford di Dominik) alle prese con le conseguenze di una rapina andata a male.

Le vene del noir urbano (che Hill aveva costeggiato con Driver l'imprendibile) si aprono nel western revisionato dopo la Nuova Hollywood che pensa e sente sull'onda lunga del cinema di zio Sam Peckinpah: azione sfavillante come gocce di una vita in cui i personaggi cercano semplicemente il loro posto nel mondo, figure iconiche di un tempo che Hill cerca di rendere umani, fallaci, complessi mentre ne riprende la ricerca di una normalità impossibile, squarciata dalla violenza che fa capolino. Un film che non rifugge gli stereotipi (il rapporto con la prostituta da sposare) e i cliché, anzi li accoglie e li rivitalizza per mano di un Walter Hill molto ispirato, capace di giocare con il montaggio (di Freeman Davies e David Holden) e le sue variazioni, di coinvolgere mettendo la sordina all'epica, di costruire sequenze di grande precisione e fascino, come la rapina al treno e il duello "all'indiana" tra Young e Starr. E di chiudersi come un vecchio libro di foto del passato, in cui però non abbiamo mai sentito l'odore della polvere, ma il sentore dell'erba e del sangue.
 

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