7 sconosciuti a El Royale (Bad Times at the El Royale, Drew Goddard) #RomaFF13
Evidentemente Goddard ha un'ossessione per alberghi o baite piene di scompartimenti, camere segrete e dispositivi di ripresa e controllo, così come ha una tendenza classificatoria nel trattare i generi: si può dire in un certo senso che 7 sconosciuti a El Royale faccia con il noir ciò che Quella casa nel bosco faceva con l'horror. Lo studia, lo seziona, lo scompone e ricompone, lo analizza: i 7 sconosciuti del titolo italiano sono i personaggi, ognuno con un proprio mistero e ognuno quindi con una propria declinazione del genere mistery, che si scontreranno nel gran finale grazie all'arrivo del gran cattivo.
Su un impianto sfacciatamente tarantiniano - la divisione in capitoli, le canzoni d'epoca, la patina vintage, i lunghi dialoghi e le numerose digressioni alternate a scoppi di violenza improvvisa e incongrua, persino una sorta di Charles Manson tra gli "hateful seven" - Goddard enumera i tipi di noir, elenca le sue variazioni sul tema (il film di rapina, il thriller cospirativo, la fuga dal passato eccetera) per tracciare un superficiale affresco storico, perché si scrive El Royale ma si legge Watergate. Di Tarantino e dello stesso Goddard però restano solo i meccanismi, senza tensione, grazia, senso del divertimento o dello spettacolo. Un oggetto ottimo per l'analisi, più che un ottimo film.