Il golem (Der Golem, 1920, Paul Wegener) #Venezia75

Pubblicato il da Emanuele Rauco

Il golem (Der Golem, 1920, Paul Wegener) #Venezia75

Sono tre i fattori di straordinario interesse di Il golem, presentato in versione restaurata come pre-apertura alla Mostra del Cinema di Venezia numero 75. 

Il primo riguarda la densità di suggestioni, previsioni e profezie - filmiche e politiche - che il film si porta dietro con sé, a partire dalla rappresentazione della cultura e della tradizione ebraiche che sembra prefigurare la persecuzione nazista, che ritrae in modo ambiguo forse ma efficace il sentimento del popolo tedesco per il giudaismo, la diffidenza ma anche una certa fascinazione sinistra, che attraverso il senso dell’occulto segneranno il ventennio successivo. E pure l’eredità cinematografica che lascia e che viaggerà verso Hollywood è pesante, si veda la congiunzione tra il finale e il Frankenstein di Whale. 

 

Il secondo è il modo con cui Wegener usa la bidimensionalità tipica dell’espressionismo per costruire l’immagine in senso verticale, spesso utilizzando mascherini che restringono la larghezza dell’immagine aumentandone l’altezza e in questo modo stabilendo una propria, personale profondità di campo in cui gli spazi, esaltati dalle eccentriche scenografie di Hans Poelzig e Kurt Richter, si riscrivono di continuo, immaginando possibili e future terze dimensioni. 

 

Il terzo è inscritto nell’operazione che ha accompagnato il restauro, ovvero la partitura di Admir Shkurtaj eseguita dal vivo dal Mesimèr Ensemble, una composizione tra folk, classica moderna ed elettronica che afferra il senso di oscurità del film e lo amplia, portandolo a un pubblico contemporaneo, in cui le percussioni, i sintetizzatori, la fisarmonica e la tromba filtrata dall’elettronica rendono vitale una messinscena funerea e fantasiosa che previene da un secolo fa. 

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