Va, Toto (Pierre Créton) #TFF35
Il modo in cui Pierre Créton ha composto Va, Toto rende evidente la sua formazione di artista plastico, che lavora con i materiali, che li scolpisce e dà loro forma mettendoli insieme, assieme al lavoro di operaio agricolo: il film racconta di tre persone reali e del loro rapporto "psicoanalitico" con gli animali, tra chi alleva cinghiali come figli, chi ha strane attrazioni per le scimmie, chi ha paura dei gatti che sfama.
Più che un documentario, Va, Toto è un diario intimo di interposte persone, ritratti di "umanimalità" in cui l'umano e l'animale sfumano i loro confini come Créton sfuma quelli tra realtà, rappresentazione, intervista, video-arte. Più che il senso generale, il "discorso" dietro e dentro l'opera, al regista interessa la composizione delle singole parti e delle singole immagini, spesso composte a loro volta (video-montaggi, split screen, formati sovrapposti), il lavoro sui gesti, i respiri, le parole delle persone ovvero elementi minimi a cui dare la maggior attenzione possibile. Non c'è un'unità di intenti o concetto ma di forma, non di concetto ma di sentimento e spirito, capace di aprire squarci di mondi filmici possibili, di storie che vorremmo Créton raccontasse.
Voto: ✶✶½