Patricio Guzmàn: la persistenza della Storia

Pubblicato il da Emanuele Rauco

Patricio Guzmàn: la persistenza della Storia

È un cinema di fossili quello di Patricio Guzmàn, ovvero di dimostrazioni tangibili del passato, di piccole macchine del tempo che attivano il processo della memoria e del pensiero. Nei due film gemelli - benché realizzati a 5 anni di distanza - Nostalgia della luce e La memoria dell'acqua le ossa, i quarzi e ancora più sublimando le stelle riportano sulla terra e nel presente le tracce della Storia innescando una riflessione filmica sul senso e sul valore emotivo della testimonianza, e il cinema come morte al lavoro diventa un atto di resurrezione laica nel deserto di Atacama. 

Il primo (voto: ✶✶✶½), realizzato nel 2010 ma uscito solo quest'anno in Italia, parte dal centro astronomico in quel deserto, che essendo uno dei luoghi più secchi della terra permette una visibilità del cielo incredibile e arriva, sempre in quel deserto, in uno dei campi di concentramento di Pinochet, di cui un gruppo di archeologi trova i resti di decine di desaprecidos. La storia è una scia, come quella luminosa che porta la stelle fino a noi, anche dopo "morte", la cui luce però deriva dal pensiero: e Guzmàn denuncia una rimozione sistematica di quel pensiero, di quella storia, della tragedia in cui molti cileni erano colpevoli e da cui vogliono auto-assolversi. E così diventano centrali le testimonianze, qualunque forma assumano, che siano racconti o polvere di stelle, ripresa come fossero reperti tangibili, o ossa che Guzmàn guarda come fossero stelle. Idee poetiche (il cielo e il deserto come cimiteri dell'umanità), immagini bellissime, emozioni che sono atti d'accusa non alla storia ma all'uomo. Ritmo arioso, sguardo colmo di rispetto, commozione e contegno. 

Il secondo (voto: ✶✶✶½), datato 2015 e vincitore di un premio a Berlino, si concentra invece sull'acqua, su come può conservarsi e conservare per secoli, passando da una popolazione sterminata nel 19° secolo dai coloni al bottone di madreperla di uno dei prigionieri che Pinochet faceva gettare in mare dopo la detenzione. Più metafisico e filosofico, ancora più dettagliato nel lavoro su immagini e suoni naturali, al limite dell'estetismo, ma perfettamente complementare a Nostalgia: "l'acqua è il mediatore tra le stelle e noi altri", si dice nel film. E così, l'apparente meccanicità dei rapporti concettuali tra gli elementi del film diventa pura poesia nel dettaglio di un bottone incastrato in una rotaia avvolta dalla ruggine: un fossile contemporaneo che fa il paio con il racconto della sorella di una vittima nel film precedente. L'uomo e i suoi resti, le prove scientifiche e umanistiche dell'esistenza del tempo, della persistenza della storia. 

 

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