Florence (Florence Foster Jenkins, Stephen Frears, 2016)

Pubblicato il da Emanuele Rauco

Florence (Florence Foster Jenkins, Stephen Frears, 2016)

C'è una straordinaria tenerezza nel rapporto che lega Hugh Grant e Meryl Streep, marito e moglie in Florence. Un rapporto fatto di premure costanti, di non detti, di protezioni assurde: cosa non si farebbe per compiacere e proteggere coloro che amiamo? Peccato che Stephen Frears, che fa di questo rapporto l'asse portante del film, non abbia il tocco adatto e trasformi quella tenerezza, quella nostalgia di un'altra vita che non diventa però rancore grazie all'amore, in pathos, persino in patetismo. 

Si potrà pensare che sia una questione di tono del racconto, essendo Florence la storia di Florence Foster Jenkins, la peggior cantante lirica del mondo che non sa di esserlo, e del successo costruito dal marito attraverso amici compiacenti ed estranei che ne apprezzavano l'involontario talento comico. In effetti la sceneggiatura di Nicholas Martin (che immagina la preparazione dei due recital, di cui uno al Carnegie Hall, con cui Florence raggiungerà l'apice della carriera e il suo canto del cigno) guarda alla struttura del melodramma o del musical di Broadway, fatta di scene madri e atti precisi, con tanto di morte finale e ultima frase significativa: Frears però dentro quella struttura non sa starci, a lui serve una leggerezza che qui appare forzata e il film risulta un po' piatto, stonato, persino sciatto (come nella scena chiave del recital). Certo, gli attori riescono a superare la dimensione delle macchiette, i virtuosismi di Streep non si mangiano il resto del film e Grant è perfetto. Ma a parte qualche risatina un po' stantia, non ci sono molti motivi per amare un film così. 

Voto: ✶½

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